Italian Grape Ale: una petizione per salvare la birra d’uva italiana

Figlia della creatività e tradizione del Bel Paese rischia di non essere più riconosciuta a livello internazionale

Una petizione su Change.org per salvare la Iga (Italian Grape Ale), stile di birra ottenuta dalla combinazione del malto con uva o mosto d’uva. A promuovere la petizione, lanciando un appello sui social «a tutti i birrifici, pub e consumatori consapevoli di birra artigianale» è Gianriccardo Corbo, homebrewer dal 2005 e dal 2011 degustatore del Bjcp (Beer Judge Certification Program) e giudice in concorsi internazionali.

«Da recenti discussioni col Bjcp è emerso che ci sono probabilità che venga cambiato il nome delle “Italian Grape Ale” in “Grape Ale” – si legge sulla pagina Facebook di Corbo – per accogliere i desiderata e l’interesse di altri Paesi che producono birre con mosto d’uva con vitigni non italiani».

Uno stile brassicolo, come fanno notare i firmatari della petizione, che ha le sue radici proprio in Italia, non a caso il più importante Paese al mondo per produzione vinicola sia in termini di quantità che per gli innumerevoli vitigni autoctoni.

L’Iga, già riconosciuta dallo stesso Bjcp nel 2015, rappresenta una peculiarità dell’identità agroalimentare e della creatività italiana tanto forte da esser stata inserita nell’Enciclopedia Treccani nel 2019 e che rischia ora di venir cancellata a livello internazionale.

LA PETIZIONE
Riportiamo l’intero testo della petizione presente su Change.org:

È prevista a breve una nuova versione delle linee guida sullo stile della birra del Bjcp (Beer Judge Certification Program). Negli scorsi anni sono stati compiuti sforzi significativi per ottenere il riconoscimento dell’Italian Grape Ale (Iga) come stile di birra all’interno delle linee guida Bjcp che menzionano per la prima volta l’Iga nella versione del 2015.

In questa nuova versione in arrivo l’aspettativa dei birrifici, consumatori e pub italiani è di vedere lo stile Iga pienamente riconosciuto.

Il Bjcp sta attualmente valutando di cambiarne il nome da “Italian Grape Ale” a “Grape Ale” per assecondare la richiesta di altri Paesi di poter produrre le loro birre denominandole più genericamente “Grape Ale” (ad esempio nel caso vengano utilizzati vitigni differenti da quelli italiani)

Questa modifica sarebbe una grande delusione per il movimento della Nostra Birra Artigianale che negli ultimi anni ha fatto sforzi enorme per ottenere il riconoscimento di uno stile che, a tutti gli effetti e senza ombra di dubbio, ha la sua origine nel nostro paese.

La Iga è largamente prodotta in Italia (se ne conoscono più di 200 esempi) ed il nome è ampiamente riconosciuto al punto da essere persino incluso nel vocabolario della lingua italiana.

Le linee guida del Bjcp sono piene di stili di birra con prefissi a denominazione geografica, come “belga, irlandese, scozzese, inglese, tedesca, americana” e riconosciamo che questo è importante perché sottolinea l’origine di un determinato stile. Rimuovere il prefisso “italiano” significa non riconoscere l’Italia come il paese in cui questo stile è nato e in gran parte prodotto.

L’Italia è il più grande produttore vitivinicolo del mondo ed è anche il Paese in cui vengono coltivati il maggior numero di vitigni. L’uva è nel nostro sangue e non è semplicemente un frutto, è molto di più. È identità, tradizione, diversità, cultura, famiglia.

L’impegno del Bjcp nel riconoscere il valore storico dei Paese con tradizioni nella birra è impagabile ed encomiabile. La Sua prima missione è “Incoraggiare la conoscenza, la comprensione e l’apprezzamento dei diversi stili di birra, idromele e sidro del mondo”.

L’Iga è uno stile relativamente nuovo in un Paese relativamente nuovo nel panorama brassicolo, ma che sta contribuendo alla conoscenza della birra in Europa.

Perdere il riconoscimento Bjcp sul nome dello stile (Italian Grape Ale) sarebbe un’enorme perdita per la nostra tradizione brassicola ed una lacuna nella conoscenza della storia della birra europea che potrebbe influenzare la diversità della birra.

Sappiamo che c’è l’interesse di altri Paesi a produrre Iga e che potrebbero non voler chiamare le loro birre Italian Grape Ale per via del prefisso “Italian”, ma crediamo fermamente che questo non sia un buon motivo per cancellare l’indicazione geografica dal nome. Ciò cancellerebbe contemporaneamente i crediti che il nostro paese ha su questo stile.

Come movimento della Birra Italiana, chiediamo al Bjcp di riconoscere pienamente lo stile Iga nella prossima versione delle linee. Chiediamo che “Italian Grape Ale” sia riportato come nome di stile sulle linea guida e suggeriamo al Bjcp di identificare come “Grape Ale” quelle birre prodotte con uve diverse dai vitigni italiani».

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